Caro Diario, oggi ti parlo di un viaggio, voglio chiamarlo così, un viaggio molto emozionante, ti dico solo questo, a pensarci mi vengono i brividi.
È iniziato con una valigia, preparata con cura dove ho messo tutto quello che era successo fino a quel momento, dalla mia selezione in squadra nazionale, agli allenamenti, alla fatica, alla tensione, alla voglia di vivere bene questa esperienza. E con questa valigia pesante giovedì sera, siamo partiti per Francoforte.
Senza parlare di sonno, agitazione, paura, sono comunque state 12 ore di viaggio intense.
Arrivati, siamo stati liberi di girare il centro di Francoforte, visitando i vari negozi e utilizzandoli anche come riparo dato il freddo glaciale e la forte pioggia.
Poi finalmente, in albergo, ho iniziato ad annusare l’aria che sapeva già di gare, di agitazione ma anche di affiatamento con tutto il resto della squadra
Pensavo…riposavo…speravo di riuscire a fare tutto, di non farmi prendere dall’ansia, ma allo stesso tempo mi dicevo: non devo sperare, non c’è bisogno, c’è solo da credere in me stesso, mi sono allenato sei mesi solo su ciò che devo fare domenica, ce la posso fare, ce la devo fare.
Arrivato sabato, ricordo l’attenzione silenziosa e un po’ spaventata che ho messo in ogni passo entrando nel palazzetto, stavano per cominciare le gare, e in un attimo sono stato invaso da voci e suoni, l’atmosfera si scaldava man mano, le trombette e i cori si facevano più vivi, il cuore batteva, batteva e batteva.
Si comincia.
Subito nella prima categoria l’Italia aveva conquistato un oro, nella seconda altrettanto, nella terza un argento…caro diario immagina che tifo!
Ecco, questi tre li ha conquistati mio fratello, Fede.
Il resto non te lo racconto, lo lascio immaginare a te.
Era arrivata la domenica. Il giorno della mia gara. Colazione leggera, un po’ di musica pregara, e , la carica di Fede…quella è una delle cose più importanti, mi da sicurezza.
Io ero sotto un treno, ma una volta arrivato il momento, ho messo in gioco tutto quello che avevo: le mie paure ( e se scivolo? se sbaglio? se mi fermo? se perdo una lente a contatto o mi scappa uno starnuto? ) e tutta la fatica da fatta fino a lì,
il sudore, i lividi sulle gambe dopo l’allenamento, finire tardi in palestra, i muscoli doloranti ogni mattina al risveglio, la mamma con i suoi massaggi e le sue parole ( ” non finire la gara pensando avrei potuto fare meglio…fai il meglio” “se va male la prima gara forza, perché ne hai ancora due da fare” ) sono diventate improvvisamente tutte assieme il mio motivo di forza e…SI!
Ce l’avevo fatta ero campione d’Europa, ma quella era solo la prima gara delle 3.
La seconda, è stata più difficile, perché era a coppie, dovevo non solo contare su di me ma anche sul mio compagno Riccardo, ma, anche lì, per gli altri non c’è stato niente da fare per gli altri e abbiamo spaccato tutto e tutti.
La terza, non è stato un oro, ma un argento, va benissimo lo stesso, il francese che è arrivato primo era poco meno che imbattibile.
Ho applaudito anch’io per lui, era veramente bravo.
La parte più bella della giornata, ovviamente, è la premiazione, l’inno le lacrime, la pelle d’oca.
Pensare che quelle medaglie racchiudono tutto il lavoro fatto, è assurdo, incredibile.
Senza l’aiuto di alcune persone non avrei mai raggiunto questo mio obiettivo, i compagni di allenamento, mio fratello e il mio maestro che hanno creduto in me, sono stati fondamentali.
Sicuramente da questo viaggio sono tornato diverso, caro diario, sono tornato più forte.
Un po’ di orgoglio c’è.. quello che mi fa dire
L’ITALIA È CAMPIONE D’EUROPA!